domenica 31 maggio 2015

E venne la Bestia: un romanzo pendolare

E venne la Bestia è il mio primo romanzo pendolare (non andrebbe contato in pagine, ma in chilometri). Ed è anche il libro che mi ha dimostrato quanto io sia insensibile nei confronti del prossimo…

Un romanzo "on the (rail)road"

Sono sempre stato un sostenitore del metodo creativo suggerito da Stephen King in On Writing: scrivi con la porta chiusa, rivedi con la porta aperta. Questo funziona benissimo se sei single, oppure se hai una casa con uno studio e una vita che ti permetta di isolarti. Funziona male se convivi in 29 metri mansardati e, per chiudere la porta, devi mettere fuori dalla camera da letto la persona che vive con te. Questo problema si è presentato spesso quando, con Simona, siamo venuti a vivere in Valsassina, in una casa di tre locali e 80 mq. Tuttavia, quando ci siamo trasferiti, io non lavoravo più da casa, ma a Cernusco sul Naviglio (Milano), come redattore per un settimanale: dovevo essere in redazione. Quasi ogni giorno. Avendo un romanzo (questo) in fase di stesura, e passando poco tempo a casa a parte i weekend e le notti, c’era un’unica soluzione: scrivere da pendolare (sì, intendo dire "in movimento").

Da Milano alla Valsassina 

Via Civitavecchi, incrocio con via Narni, Milano
E venne la Bestia deve molto a due realtà del mondo dei trasporti: Trenitalia (che ora si chiama Trenord) e ATM.
Grazie ai treni Lecco-Milano e Milano-Lecco, con relativi ritardi, convogli annullati e soppressi, blocchi delle tratte, nevicate epocali e scioperi, ho scritto moltissimo di questo romanzo tra Milano e la Valsassina.
E poi l’ATM: arrivare alla stazione Centrale e dover prendere la Linea Due fino a Cernusco, oppure Villa Fiorita, è un vero viaggio. Un’occasione d’oro per scrivere ancora, se trovi un posto libero. Certo, questo poi ha sollevato una questione con Simona: “Come è possibile che a casa tu debba chiudere la porta, se poi riesci a scrivere in treno o in metropolitana???”.
Semplice: in treno o in metropolitana posso escludermi – ossia, degli altri non mi interessa nulla – mentre in casa basta uno starnuto diverso dal solito per distogliermi. Esatto, degli altri viaggiatori non mi interessa nulla, o quasi. Che urlino, parlino al telefono, dormano o mangino, dammi due auricolari, la mia musica e almeno venti minuti di percorrenza e io ti butto giù mezzo capitolo.

Selene Feltrin e la coincidenza

Stefano Sibilia (quello in piedi ;) ) e Selene Feltrin
Al di là di questo, E venne la Bestia è un romanzo che è stato influenzato pesantemente non solo dagli spostamenti, ma anche dal territorio. Parla di Milano, parla della Valsassina, lo fa con gli occhi di chi si muove in questi luoghi, fisicamente, non solo in modo “letterario”. Come ogni bravo narratore che ci tenga a far bene il proprio lavoro, mi sono recato su (quasi) tutti i posti toccati dalla narrazione. Il luogo dove Sara subisce il suo incidente d’auto, l’incrocio da via Civitavecchia e via Narni, esiste davvero e l’ho battuto e studiato a fondo prima di descrivere la dinamica dell’evento.
È il romanzo scritto da un pendolare, che conosce bene i problemi di chi è costretto a spostarsi in questo modo per lavorare (e quando lo fa per un lavoro a progetto, precario, che lo lascia “a casa”, senza preavviso un giovedì mattina, c’è anche la vena horror - il vero horror, quello della vita di ogni giornosenza bisogno di inventarsi dei mostri).
Alla luce di queste considerazioni, quando un sabato di settembre del 2014 sono andato a incontrare Selene Feltrin per portarla a posare per la copertina del romanzo (con scatti realizzati da Stefano Sibilia), il destino aveva in serbo un altro scherzo. Selene, che in quel periodo era impegnata in diversi progetti (Frim: Il risveglio di Moloch e Sanguigna) arrivava da Legnano. A Milano.
Il fatto che il nostro incontro avvenisse tra l’ingresso della metropolita e l’uscita della stazione Garibaldi di Milano è sembrato fin troppo coerente con il resto.
E non era una “coincidenza”.


Nessun commento:

Posta un commento